Fosca, sotto la pressione della
famiglia e di un'utopia di sicurezza, decide di affiancare alla libera
professione di architetto il lavoro da dipendente pubblico. In realtà non le
mancava nulla: un marito affettuoso, riconosciute doti professionali, la piena
padronanza del suo tempo.
Varcata la soglia dell'ufficio
nel comune di NQD – lasciato volutamente un acronimo per non dargli identità,
come meritano i non-luoghi – verrà divorata lentamente dall'atmosfera
claustrofobica e spersonalizzante degli ingranaggi della mediocrità. Trascinerà
nel vortice oscuro della sua anima anche Elio, collega e amante, per nulla
intenzionato a lasciare la moglie.
Poi, un giorno, il morso di un randagio
le restituirà l'istinto, la fame di vita. E Fosca si riapproprierà del suo
diritto ad essere felice, ma lasciando una scia di sangue dietro di sé.
In N.Q.D., opera inedita di
Cristina Antonini, il lettore viene catturato con sorprendente potenza evocativa
nell'atmosfera dei luoghi, nelle angosce latenti dei personaggi. La narrazione,
iperrealistica nei primi capitoli, vira d'un tratto al soprannaturale (il morso
e le sue conseguenze), per poi riabbracciare il verismo durante la vendetta di
Fosca.
Un racconto che non lascia
indifferenti: c'è spazio per l'identificazione per chi ha affrontato situazioni
professionali o sentimentali simili, non si risparmiano colpi di scena
nell'inevitabile precipitare degli eventi verso una conclusione tragica.
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